Argrentario

Tour mezza giornata o giornata intera

MONTE ARGENTARIO

Antica isola, oggi “ancorata” alla terraferma dai tomboli di Feniglia e Giannella, è luogo di grande suggestione e pregio naturalistico, come dimostra l’inserimento delle sue coste nel Santuario dei Cetacei, area naturale marina protetta d’interesse internazionale istituita nel 1991. Tutto il suo perimetro è costellato di piccole calette e spiagge, raggiungibili sia da terra che da mare, spesso controllate da antiche torri di epoca spagnola. Il turbolento passato del promontorio, sottoposto per secoli alle scorrerie di pirati saraceni, è ben rappresentato dalle due manifestazioni più caratteristiche del comprensorio: la notte dei Pirati a Porto Ercole, quando, in una serata di inizio maggio, torme di nuovi pirati in costume animano le vie del porto e del borgo; e il Palio Marinaro di Porto Santo Stefano, a Ferragosto, in cui i barchini che rappresentano i quattro rioni del paese si confrontano in una gara di velocità al largo del porto, per ricordare il felice salvataggio di una barca da pesca santostefanese che, grazie all’abilità dei suoi rematori riuscì a sfuggire a una nave di pirati barbareschi nascondendosi in una grotta naturale sul mare nei pressi del paese. 

La cucina del monte Argentario non può che essere a base di pesce, ma non bisogna dimenticare l’ottimo vino bianco da vitigni Ansonica, un tempo ampiamente coltivati sui terrazzamenti affacciati sul mare, oggi sempre più rari.

DA VEDERE

PORTO ERCOLE. Uno dei Borghi più Belli d’Italia.

Rocca. La fortezza che domina il borgo ebbe il suo nucleo originario in una torre di epoca Aldobrandesca, rafforzata dagli Orsini, trasformata in vera rocca dai Senesi e infine ampliata dagli Spagnoli quando Port’Ercole divenne il porto principale dello Stato dei Reali Presidi. Alla fine dell’800 fu trasformata in carcere e, dopo la sua dismissione, all’indomani della seconda guerra mondiale, è stata lottizzata venduta a privati. Essendo tutt’ora in buona parte occupata da appartamenti, è visitabile solo con accompagnamento in alcuni giorni e orari prestabiliti della settimana, dietro rilascio di un permesso comunale presso l’ufficio turistico di Porto Ercole.

Forte Stella. La fortezza dalla pianta regolare a stella a sei punte, fu realizzata dagli spagnoli a partire dalla fine del ‘500 e completata solo alla metà del ‘600. La sua funzione era quella di completare l’apparato difensivo di Port’Ercole difendendolo dall’entroterra e fungendo da punto ottimale di avvistamento verso tutti i punti cardinali. Dismessa all’indomani dell’unità d’Italia, è rimasta a lungo abbandonata; restaurata negli anni ’90 è oggi sede di mostre temporanee d’arte contemporanea.

PORTO SANTO STEFANO. E’ il capoluogo del comune di Monte Argentario, il centro più popoloso del comprensorio, porto di riferimento per i collegamenti con l’isola del Giglio.

Fortezza Spagnola e Mostre permanenti “Memorie sommerse” e “Maestri d’Ascia”. La fortezza di Porto S. Stefano è stata l’elemento aggregante del paese, realizzata nei primi anni del ‘600 per proteggere quello che, fino a quel momento, era stato un semplice luogo di approdo occasionale, nonostante le ottime caratteristiche dell’insenatura per l’ormeggio delle navi. Essendo stata tra i pochi edifici del paese che avevano resistito ai devastanti bombardamenti subiti negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, ha ospitato gli uffici comunali nel periodo della ricostruzione. Una serie di profondi restauri le hanno poi restituito l’antico aspetto e dal 1997 è diventata sede di mostre permanenti, nell’ambito del progetto di realizzazione di un Museo del Mare. La prima sezione, battezzata “Memorie Sommerse”, illustra le scoperte di archeologia subacquea avvenute sui fondali marini del monte Argentario e dell’isola del Giglio; una seconda sezione, “Maestri d’Ascia”, illustra invece l’arte della carpenteria navale, ampiamente sviluppata della cittadina portuale.

Acquario Mediterraneo. Nella struttura sono illustrati e ricostruiti gli habitat caratteristici delle acque della Costa d’Argento, nelle diverse profondità. Le 17 vasche presenti, sette delle quali panoramiche, contengono numerose specie marine sia animali che vegetali: pesci, crostacei, gorgonie e posidonie. Una sezione apposita presenta una vasta collezione di conchiglie, non solo di provenienza mediterranea, ma anche dal Pacifico, dall’Atlantico e dal Mar Rosso. Sono presenti infine due mostre permanenti: una dedicata alla tecnologia delle immersioni subacquee e una ai cetacei, dove sono raccolti diverse ossa raccolte tra l’Argentario e l’isola del Giglio.

Convento dei Padri Passionisti. Fu fondato nel 1737 da San Paolo della Croce (al secolo Paolo Danei), rimasto colpito dalla suggestione dei luoghi durante una tappa di un suo viaggio a Roma. Tuttora occupato dai Padri Passionisti, è posto in una splendida posizione con un suggestivo panorama sulla laguna di Orbetello. All’interno della piccola chiesetta ottocentesca una tela del ‘700 detta “la Madonna dell’Argentario” reca segni di uno sfregio che gli sarebbe stato inflitto dai francesi durante l’occupazione del 1799; in una cappella laterale è conservata una tela raffigurante la Madonna che indica a San Paolo della Croce il luogo dove costruire il convento, opera del pittore mancianese Pietro Aldi.

Spiagge. Tutto il perimetro del monte Argentario, da Santa Liberata a Porto Ercole, è un susseguirsi di piccole spiagge e scogliere, dominate dai resti delle torri di avvistamento realizzate in epoca senese e soprattutto ai tempi dello Stato dei Presidi; pur essendo la discesa a mare ostacolata dalla presenza di numerose proprietà private, sono molteplici i sentieri che si distaccano dalla strada panoramica che segue il perimetro del promontorio scendendo fino a mare; altrettanto semplice è raggiungerle via mare. 

STORIA

Il monte Argentario costituisce uno degli affioramenti rocciosi più antichi della Toscana, fattore cui è legata anche la presenza di diversi giacimenti minerari. Fu popolato fin dal Paleolitico, come indicano le tracce della presenza dell’uomo di Neanderthal nella Grotta di Cala de’ Santi, epoca in cui l’Argentario era un’imponente montagna che dominava una vasta pianura estesa fino alle isole del Giglio e di Giannutri, dato il livello marino notevolmente più basso dell’attuale. Con la fine dell’epoca glaciale e il conseguente rialzamento del mare, divenne un’isola che, dopo un lungo processo conclusosi solo agli esordi dell’età storica, è stata “ancorata” alla terraferma dalla formazione dei due tomboli di Feniglia e Giannella, creati dal gioco delle correnti forzate nello stretto tra l’Argentario e la terraferma, combinate con il flusso del fiume Albegna. Scarse sono le tracce riportabili ad epoca etrusca, che abbondano invece nella vicina Orbetello, mentre diffuse e spesso monumentali sono quelle di epoca romana, momento in cui sono da collocare la nascita di Porto Ercole e, sul lato settentrionale del promontorio, delle due grandi ville marittime di Santa Liberata e dei Muracci di Porto Santo Stefano (oggi nel quartiere Valle). Sappiamo che in quest’epoca il promontorium Cosanum, questo il nome del monte Argentario, era di proprietà della famiglia dei Domizi Enobarbi, i cui esponenti raggiunsero un notevole potere tra la fine della repubblica e l’inizio dell’impero, rivestendo il ruolo di argentarii, ovvero banchieri, incarico da cui forse deriva il nome del monte. A questa famiglia apparteneva anche l’imperatore Nerone, tramite cui questo territorio passò nell’erario imperiale. Alcuni decenni dopo l’imperatore Traiano lo donò poi alla nipote Vibia Matidia, da cui prese il nome di insula Matidiae. L’attuale denominazione, assieme al nome di Porto Ercole, sono ricordate per la prima volta nel poema De Reditu Suo (416 d.C.), di Rutilio Namaziano, in cui sono descritte le coste del Tirreno nel viaggio che il poeta compì da Roma verso le sue proprietà nelle Gallie per sfuggire alle invasioni barbariche. 

Secondo la tradizione, fu poi donato nell’805 da Carlo Magno all’Abbazia delle Tre Fontane, insieme a Orbetello, Ansedonia, Montauto, Stachilagi, Marsiliana e l’isola del Giglio. I monaci lo concessero successivamente in enfiteusi prima agli Aldobrandeschi e poi agli Orsini, finché nel XV secolo non fu occupato dalla Repubblica di Siena. A quest’epoca l’unico centro abitato presente sul monte Argentario è quello di Porto Ercole; durante la guerra che si concluderà con l’annessione di Siena da parte di Firenze, la cittadina nel 1555 fu sottoposta a un lungo assedio, celebrato da un affresco del Vasari nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. Al termine della guerra, nel 1557, il monte Argentario con Orbetello e il porto di Talamone, fu ceduto da Firenze alla Spagna, in cambio del supporto offerto, dando così origine allo Stato dei Reali Presidi di Toscana. Gli Spagnoli, data la sua rilevanza strategica, profusero in particolare notevole impegno e risorse finanziarie nel fortificare Porto Ercole, che venne protetto da ben quattro forti: La Rocca, Forte Filippo, Forte Santa Caterina e Forte Stella. Allo stesso modo fu rafforzato il sistema di difesa di tutte le coste del monte Argentario, consolidando le torri già presenti in epoca senese su numerosi promontori e costruendone anche altre. 

Fu solo con l’inizio del XVII secolo che andò formandosi l’abitato di Porto Santo Stefano: la parte nordoccidentale del monte Argentario, dove esso sorge, era originariamente inclusa nella comunità di Orbetello, di cui a lungo fece parte. In realtà il porto di Santo Stefano è occasionalmente ricordato dai documenti fin dal XIII secolo, anche se è certo che in questo periodo non esisteva un centro abitato vero e proprio, ma solo un luogo di approdo con una piccola chiesetta dedicata a Santo Stefano e qualche capanna di pescatori. L’assenza di un insediamento stabile, nonostante le caratteristiche ottimali del porto, è probabilmente dovuta alla mancanza di sistemi di difesa adeguati del luogo, esposto alle continue incursioni corsare e barbaresche che caratterizzano questo periodo. In realtà già Claudio Tolomei nel 1544, suggeriva l’idea di costruire una città sul monte Argentario, identificando proprio nell’area “sopra il porto di S. Stefano” il luogo ideale per realizzarla.

Il governo spagnolo, nell’ambito dei lavori di rafforzamento delle difese dello Stato dei Reali Presidi non poteva tralasciare questo importante luogo strategico, così all’inizio del XVII secolo, il governatore Egidio Nugno Orejon promosse la costruzione di una fortezza, diventando così di fatto il fondatore di Porto Santo Stefano: ai suoi tempi l’insediamento comprendeva, oltre all’antica cappella, due fonti, capanne e magazzini per i pescatori, un’osteria e un palazzo fortificato con giardino, che inglobava i resti di un’antica torre. Una volta reso il luogo sicuro, anche grazie alla scoperta di banchi di corallo, il cui sfruttamento si affiancò a quello di una tonnara, il piccolo borgo si andò progressivamente popolando di famiglie di varia provenienza, soprattutto pescatori dalla Liguria, dall’Elba e dal golfo di Napoli, arrivando a superare per importanza e densità demografica la stessa Porto Ercole. Con il tempo la popolazione stabile divenne talmente numerosa che nel 1728 fu promossa una petizione per chiedere la designazione di un parroco residente: fino ad allora, infatti, per ricevere i sacramenti i santostefanesi dovevano recarsi ad Orbetello o attendere la sporadica visita di qualche canonico proveniente dal capoluogo. Nel 1734 la richiesta venne accolta, nonostante l’opposizione del clero orbetellano, e pochi anni dopo cominciarono i lavori per l’edificazione di una nuova chiesa, essendo la vecchia cappella ormai insufficiente ai bisogni della comunità.

L’espansione e lo sviluppo di Porto Santo Stefano proseguì costantemente nel tempo: la cittadina raggiunse i 1.500 abitanti durante la dominazione francese (1801) e, entrata a far parte del Granducato di Toscana dopo il Congresso di Vienna, arrivò a superare i 2.300 abitanti (1840), ottenendo finalmente l’autonomia da Orbetello (1842) e diventando il capoluogo della comunità di Monte Argentario. Ottenuta l’autonomia, la nascita di alcune industrie, quali quella per la distillazione dell’alcool o quella dell’inscatolamento del pesce, incrementò ulteriormente lo sviluppo della cittadina.

Entrata a far parte con il resto della Toscana del Regno d’Italia, nel 1860 vi fece tappa Giuseppe Garibaldi durante l’impresa dei Mille; il generale, approdato a Talamone, si recò a Porto Santo Stefano per requisire il carbone presente in un magazzino del paese, necessario al proseguimento del viaggio verso la Sicilia.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale divenne un’importante base strategica dell’esercito tedesco, a supporto della linea Gustav; per questo fu colpita da ben 95 bombardamenti alleati, che la distrussero quasi completamente, facendone il secondo comune più devastato d’Italia dopo Cassino. Oggi conta circa 8.900 abitanti, costituendo il terzo centro abitato della provincia dopo Grosseto e Follonica.

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