Bomarzo

BOMARZO

Luogo magico per antonomasia, Bomarzo è un antico centro etrusco costruito sulla cima di una rupe di roccia vulcanica che domina le vallate sottostanti, dove si trovano la misteriosa “piramide etrusca” e il cinquecentesco “Sacro Bosco”, detto anche “Parco dei Mostri”, luogo onirico e meraviglioso che affascinò tra gli altri anche il pittore Salvador Dalì.

Il paese si anima particolarmente l’ultima settimana di aprile con la corsa del Palio di Sant’Anselmo, che, dopo la sfilata del corteo storico composto da centinaia di figuranti in costume rinascimentale, mette a confronto i cinque rioni in cui è diviso il paese. Da oltre 45 anni al Palio si affianca anche la Sagra del Biscotto, caratteristico dolce con semi di anice, più propriamente una ciambella, che la tradizione vuole sia stato ‘inventato’ da Sant’Anselmo nel VI secolo d.C., per essere distribuito ai poveri e ai viandanti di passaggio sulla via Francigena. Il dolce ha visto riconosciuto il marchio di qualità italiano PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali).

DA VEDERE

Il Sacro Bosco. Fu il signore di Bomarzo Vicino Orsini, che volle dare una forma scultorea ai massi di peperino che costellavano la sua tenuta ai piedi del paese, assegnandone la progettazione a Pirro Ligorio, famoso studioso, pittore e architetto, cui si deve anche la progettazione di Villa d’Este a Tivoli. Le numerose sculture fantastiche presenti nel parco sembrano delineare diversi percorsi inspirati a famose opere letterarie del tempo, quali L’Hypnerotomachia Poliphili (La Battaglia d’Amore in sogno di Polifilo), di Francesco Colonna, e la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso; sicuramente vi è delineato un percorso iniziatico che culmina nel tempietto-mausoleo voluto da Vicino per l’amata moglie Giulia Farnese. Tra le numerose sculture fantastiche: l’Orlando, così denominato dallo stesso Vicino Orsini, che sicuramente si sarà ispirato ai versi di Ariosto: “Ma quel nei piedi, chè non vuol che viva, / lo piglia… / e quanto più sbarrar puote le braccia, / le sbarra sì, ch’in duo pezzi lo straccia”; la Casetta Pendente realizzata nel 1555, all’interno della quale si possono provare sensazioni ed emozioni del tutto particolari; il Drago che lotta con le belve e l’Elefante che stritola un legionario, sculture in cui alcuni hanno visto un certo interesse del committente per il mondo orientale; l’Orco, una delle “facce orrende” ricordate da una delle iscrizioni disseminate nel parco, gigantesco volto demoniaco con la bocca spalancata, dalla quale si accese a un ambiente con tavolo e panche per sedersi; e, alla fine del percorso moderno, il Proteo, altro gigantesco volto mostruoso sul quale si trova un globo sormontato da un castello, simbolo del ramo degli Orsini signori di Bomarzo (Orsini di Castello).

Piramide “etrusca”. Quella che viene impropriamente definita “piramide” è in realtà un grande masso di peperino completamente lavorato, con numerose gradinate e canalette di scolo. Non ci sono elementi che possano definirne la cronologia, ma sulla base di confronti con manufatti simili, seppure non così complessi, si è ipotizzato che possa essere un grande altare di epoca etrusco-romana. Il monumento è sicuramente collocato in un luogo estremamente suggestivo, che contribuisce ad arricchirne il fascino.

Palazzo Orsini. L’antica rocca che dominava il paese, nel ‘500 fu completamente ristrutturata dalla famiglia Orsini per essere trasformata in palazzo residenziale. I lavori iniziarono già con il padre di Vicino Orsini, Giancorrado, che ne commissionò la progettazione a Baldassarre Peruzzi, e furono completati da Vicino, probabilmente in occasione del suo matrimonio con Giulia dei Farnese di Latera, come dimostra la presenza del giglio e della rosa, emblemi delle due casate, ricorrenti in diversi punti del palazzo. Sappiamo che il nobile chiese anche consiglio ad Annibal Caro per dipingere una Gigantomachia nella loggia del palazzo, ma l’opera probabilmente non fu mai portata a termine. Con il passaggio del feudo di Bomarzo ai Lante della Rovere, furono compiuti altri lavori, con la realizzazione di un grande salone affrescato da Lorenzo Berrettini, figlio di Pietro da Cortona. Anche i Borghese, che subentrarono ai Lante nel 1836, fecero realizzare alcuni affreschi che rappresentavano altri castelli delle loro proprietà (Mugnano, Chia, Attigliano).

Nell’ultimo dopoguerra il palazzo è stato acquisito dal Comune di Bomarzo, che ne ha fatto la sua sede.

STORIA

L’antica Polimartium fu importante città etrusca che si sviluppò tra il VI e il III secolo a.C. al confine tra i territori di Volsini (Orvieto), Tarquinia e il mondo falisco. Continuò a prosperare anche in epoca romana, tanto che divenne precocemente sede di diocesi: secondo una certa tradizione, la cittadina avrebbe avuto un protovescovo già nel I secolo d.C., nella persona di San Tolomeo, evangelizzatore della Tuscia. Altro vescovo attribuito a Bomarzo è Sant’Anselmo, vissuto alla metà del VI secolo; nato in una facoltosa famiglia cristiana della città, una volta divenuto adulto avrebbe donato tutte le sue ricchezze ai poveri per ritirarsi a vita contemplativa; poco dopo veniva a mancare il vescovo titolare della diocesi e il clero cittadino, riunito in contemplazione nel duomo della città, dopo alcuni giorni di digiuno e preghiera, avrebbe udito una voce che diceva “Eleggete per vescovo Anselmo, perché ne è degno”. Dopodiché il santo avrebbe compiuto numerosi miracoli, opponendosi alla conquista della città da parte dei Goti di Totila: secondo la leggenda tramandata dalle fonti, sarebbe riuscito a difendersi dai barbari che tentavano di aggredirlo invocando l’aiuto di Dio, che fece possedere i soldati da spiriti che li resero inoffensivi; in un’altra versione invece, durante un attacco alle mura delle città, fece il segno della croce verso il cielo, causando una pioggia di ghiande di piombo sui nemici. In realtà le fonti storiche indicherebbero una nascita della diocesi nel VII secolo, per traslazione dalla sede di Ferento: nel concilio lateranense del 649 è presente infatti un Bonito, vescovo Ferentum Polimartium, prima attestazione certa di un titolare di questa diocesi. L’ultimo noto è invece Lamberto che partecipò a Roma a un concilio del 1015, dopodiché la diocesi fu soppressa e unita a quella di Bagnoregio.

Diventato un centro di minore importanza, Bomarzo nel 1298 fu venduta dal suo signore, un certo Uffreduccio Risio, alla città di Viterbo e successivamente infeudata alla famiglia Orsini del ramo di Castello. Il più celebre esponente della famiglia fu Giovan Francesco, detto Vicino (1523-1585), cui si deve la realizzazione del Sacro Bosco. Il nipote di Vicino, Maerbale, cominciò a fregiarsi del titolo di duca, ma non è rimasta traccia della concessione regia di tale titolo. Il figlio di questi, Marzio si ritrovò alla morte del padre pieno di debiti, legati anche a dispendiose cause con vari cugini per questioni ereditarie, tanto che la Congregazione dei Baroni decise la confisca del feudo di Bomarzo e la sua messa all’asta. Esso fu così acquistato nel 1646 da Ippolito Lante Montefeltro della Rovere, i cui discendenti la tennero fino al 1837 quando l’ultimo duca, Giulio Lante della Rovere, fu costretto a vendere titolo e feudo alla famiglia Borghese.

Nel 1866 fu annessa al Regno d’Italia.

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